BLONDE - biografia di Marilyn Monroe a cura della scrittrice Joice Carol Oates, 1999

Povera (?) Norma Jean, vittima consenziente, compiaciuta e infine alienata, martire (?) dell'industria cinematografica hollywoodiana...

Prostituta sin da subito per fare carriera (una catena di registi e produttori se la passava consegnandole, ogni volta in busta chiusa, una breve quanto esplicita lettera di raccomandazione: "questa ci sta"); l'utero letteralmente sfasciato per via dei ripetuti aborti usati come mezzo esclusivo di contraccezione (una donna quindi assolutamente priva di senno, non dico di morale, perché temo davvero che non arrivasse nemmeno a realizzare tanto); nell'infanzia, vittima (non è un caso), di una madre alcolista e schizofrenica che la sbruscava a dovere con l'acqua bollente per lavarle via la sporcizia che su di lei allucinava.

Una personalità instabile e fragile nell'Io, consegnata interamente agli uomini con i quali si legava in relazioni burrascose e di dipendenza adesiva, di volta in volta campioni dello sport e poi intellettuali, senza soluzione di continuità né logica alcuna, a voler cercare di definire (facendosi "gestire", lei stessa ammetteva), una qualsivoglia identità, ritagliandosela lungo i contorni dell'altro-da-sé, e cioè il maschio: singolo individuo o pubblico idolatrante che fosse.

Un caso "borderline" da manuale di psichiatria (da DSM, intendo), con su cucita la maschera "istrionica" Marilyn Monroe: un brand sapientemente coniato negli studios ("fissa negli occhi gli uomini come se ti stessero sco*andò il cervello", "sega via un centimetro dal tacco di una sola scarpa per meglio sculettare", così l'avevano istruita).

E... BAM!, esplodeva così, letteralmente a comando, quella carica erotica che però era solo potenzialmente sua, perché in realtà evocata dai sogni perversi dei maschi che, nella donna, in fondo questo cercavano: la bambola scema e platinata da sbattere a letto e poi magari, se fortunata, ficcare gravida e disfatta in cucina, grata oltretutto perché finalmente salva e messa al riparo da un mondo spietato che non era certo alla sua portata.

Simili a lei tantissime, ma iconiche come lei nessuna.

Nemmeno il clone di una Madonna prima maniera (ve la ricordate la Louise Ciccone che canta "Material Girl", a fare il verso della Monroe di "Diamonds Are A Girl's Best Friend"?), e neppure il replicante del clone suddetto, Stefani Germanotta, al secolo Lady Gaga (che poi si traduce, per chi non lo sapesse, in "signorina tonta").

Lo stesso buon-sangue-italiano-che-non-mente e lo stesso stereotipo: tinta, "aperta", con tutta la mercanzia in bella mostra per poterti ben allettare/allattare o, più modernamente, sco*are, sbattendo in faccia al "maschiaccio libidinoso, coglione" (cito il Rino Gaetano di "Spendi Spandi Effendi"), il proprio turgido "pacco" vulvare.

Povera (?) Norma Jean, e povere tutte le troppo furbe (o le troppo sceme) che si s-vendono come lei, in tutte le possibili declinazioni, anche aggiornate e dunque ben più pornografiche; bionde, brune o rosse che siano, tanto ciò che il cuoio capelluto riveste non lo considera nessuno.

Una vera sconfitta di genere ma, anche per gli uomini che le stanno ancora oggi a guardare e a concupire, un ben gramo rispecchiamento.

Marilyn Monroe? No grazie, speriamo mai più!


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