PANEM ET CIRCENSES

Nell'anno distopico 2018, trascorso per noi ma ancora a venire in quel 1975 in cui Norman Jewison diresse il film "Rollerball", una umanità alle soglie dell’autodistruzione sconfigge le piaghe della guerra e della miseria tramite le due soluzioni congiunte delle Corporazioni e del Rollerball.

La soluzione corporativa è politica: l’economia planetaria è suddivisa in monopoli (agricoltura, energia, industria, locomozione, generi voluttuari etc), ciascuno dei quali è appannaggio di una delle principali città del pianeta, di modo che gi Stati non possano farsi la guerra perché ciascuno indispensabile agli altri.

Per inciso, tra i generi voluttuari figurano anche le donne, in una società fallocratica che appare dunque tutt'altro che egualitaria e democratica.

Corollario alla prima soluzione, quella del Rollerball è invece di tipo psicosociale: siccome la violenza è un istinto atavico e ineliminabile nell'uomo, bandite le guerre e la criminalità, essa deve venire comunque sfogata. A tale scopo viene introdotto uno sport di massa, il violentissimo Rollerball, nei cui tornei le squadre gladiatorie delle città sovrane si affrontano all’interno di un circuito simile a una roulette, percorso da motociclisti e pattinatori che devono andare a segno, schiacciando una sfera d’acciaio dentro una buca magnetica.

Ma il Rolerball non offre solo abreazione agli istinti peggiori; esso è anche instrumentum regni dei governi, poiché in esso si celebrano tutte le prerogative richieste al cittadino per farsi strada, cioè la competitività, il ritmo, la virilità, il gioco di squadra, l'assenza di scrupoli.

Tuttavia, la carriera sportiva dei giocatori è brevissima (non più di un paio di anni) perché non vi sia il rischio che la gente comune si identifichi nel campione, così illudendosi che il singolo individuo possa prevalere sul Sistema. Il monito deve essere invece che «Nessun giocatore deve essere più grande del gioco stesso».

La rinuncia all'individualità e all'autoaffermazione sono dunque il prezzo da pagare per la stabilità e la sicurezza, in una società dove l’unica espressione di libertà è il godimento di privilegi e di vizi che il potere concede a quei soliti pochi che lo detengono, i dirigenti delle Corporazioni.

In questo equilibrio perverso e precario, Jonathan E., il capitano della squadra dello Houston, rappresenta la variabile che mette in crisi il Sistema.

Veterano che non intende ritirarsi, sordo a minacce, lusinghe e ricatti dei potenti che lo vogliono fare fuori dal gioco, Jonathan non intende deporre le armi o i valori in cui crede: la lealtà contro gli interessi, l’amicizia contro la politica, l'individualità contro la massificazione.

Tanto che, quando nell’ultima partita di campionato vengono dai dirigenti aboliti i limiti di tempo e qualsiasi penalità, rendendo di fatto il Rollerball una guerra all’ultimo uomo nella quale poter uccidere Jonathan, in questa metafora sportiva di un mondo scardinato che gira ormai senza regole, questi combatte e vince malgrado tutto, per la sola forza della sua volontà e l'incrollabilità dei suoi principi.

Una critica sociale attualissima: "Rollerball", regia di Norman Jewison, USA, 1975.


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