Il Tacoma Narrows Bridge, nello stato di Washington, è il terzo ponte più lungo al mondo dopo il Golden Gate Bridge di San Francisco e il George Washington Bridge di New York.
Il 7 novembre del 1940, a poco più di quattro mesi dalla sua inaugurazione, il ponte crollò.
Anche se nella realtà il crollo fu dovuto a un difetto di progettazione, motivo per cui dovette essere riprogettato e ricostruito ex novo, nel film si attribuisce il disastro a un problema di risonanza. Quando le parti interna ed esterna di un oggetto vibrano all'unisono, vi si spiega (ma anche questo non corrisponde a realtà perché si richiede piuttosto il contrario, cioè una dissonanza), l'oggetto si frantuma.
È quello che accade quando una tazza di ceramica cade per terra: essa può rimbalzare miracolosamente intatta ma, quando ricade e tocca terra di nuovo, questa volta si rompe perché il colpo successivo impone alla materia di vibrare secondo una frequenza diversa.
La dissonanza è insomma una cacofonia letale se si produce all'interno dei corpi elastici.
È questa la metafora introdotta a circa metà del film, tanto significativa appunto perché assolutamente gratuita: il ponte è la rappresentazione dell'unione di una coppia la cui perdita della figlia appena nata la fa crollare, proprio come il Tacoma Narrows Bridge.
Le differenze sociali, ovverosia di censo e di cultura preesistenti erano la fragilità insita: quella vibrazione basica contro la quale la seconda prodotta dall'impatto umano della perdita va a confliggere, creando la dissonanza fatale.
L'intensa pellicola segue la vicenda tragica di questa coppia della quale a pezzi va in realtà la donna che da sola deve raccogliersi e ricostruirsi.
Ma un'altra metafora viene introdotta: se una coppia è come un ponte teso tra sponde che si fronteggiano con al di sotto il fiume della vita che scorre, il tempo può aiutare perché la donna è come un albero.
Un'altra primavera viene e un nuovo frutto rinverdisce il miracolo della vita che si rinnova.